Nelle acque calme del lago d’Averno, in questi giorni, galleggiano pesci morti. Cefalotti che emergono senza vita e che suscitano agli occhi dei passanti non poche preoccupazioni. Non è però la prima volta che, nel lago noto per essere l’ingresso dell’Ade, avviene un fenomeno simile. Nel 2017 la moria di numerosi pesci richiese un intervento delle autorità preposte per determinarne la causa. In quell’occasione, fu proprio l’assessore all’Ambiente della regione Campania Giovanni Romano, alla luce delle analisi dell’Arpac, sollecitata proprio al fine di far luce sulla questione, a fare chiarezza.

«I pesci del lago d’Averno sono morti per mancanza di ossigeno e non per fattori di inquinamento – spiegò in quella circostanza l’assessore – a determinare il decesso di alcune specie sono state la presenza di idrogeno solforato che deriva dall’attività vulcanica sottostante il lago e la contemporanea crescita delle microalghe».
In quell’occasione, e verosimilmente anche in questa, i decessi riguardarono esclusivamente pesci di medie e grandi dimensione, lasciando intendere che quelli piccoli riuscivano a soddisfare il loro bisogno di ossigeno.
Si è ripresentato, come spesso accade soprattutto nel periodo invernale, il fenomeno dell’atrofizzazione delle acque del lago. Un evento che sembrerebbe essere annunciato, ogni volta, dall’acre odore di zolfo che si avverte nella baia.