Dai Campi Flegrei ad Hollywood: il mito greco dei Titani affascina ancora

il 28 marzo 2024 è uscito nelle sale un nuovo film ispirato a Godzilla e King Kong dal titolo “Godzilla x Kong: il nuovo impero”.

I due vecchi mostri cinematografici fanno ora parte di un nuovo universo narrativo (Monsterverse) avviato nel 2014 che è già arrivato a quattro film che hanno incassato milioni di dollari. La cosa più interessante è che in questa nuova versione i mostri protagonisti non sono più bestie malvagie ma vengono descritte come entità benevole che proteggono la terra dalle minacce aliene e dall’arroganza degli uomini e pertanto nella finzione narrativa li si chiama con una parola presa in prestito dalla mitologia greca, ovvero “Titani”. È divertente constatare che in un film del 2024 si fa riferimento a queste creature leggendarie che risalgono ai primordi della cultura greca poiché vengono citati dai poeti più antichi dell’Ellade, ovvero Omero ed Esiodo più di 2500 anni fa e la cosa più divertente è che il mito dei Titani è indissolubilmente legato ai Campi Flegrei visto che è qui che vivono ancora: ma andiamo con ordine.

Nella Teogonia Esiodo ci racconta della nascita dei Titani, dei antichissimi, la cui ascesa al potere coincise con l’età dell’oro, un periodo di ricchezza durante il quale regnava l’armonia e gli uomini non invecchiavano e non avevano bisogno di lavorare. I Titani rappresentavano le forze della natura, erano giganteschi ed erano guidati da Crono, il dio capace di controllare il tempo. Tuttavia i figli di Crono mossero guerra al padre e ai suoi fratelli e li sconfissero diventando le nuove divinità supreme: guidati da Zeus questi nuovi Dei diventarono gli dei dell’Olimpo venerati dai greci. Questa gurra viene chiamata dai greci “Titanomachia”. Stranamente gli Dei dell’Olimpo spezzeranno l’equilibrio della natura e con il loro arrivo si inaugura l’età del ferro durante la quale prevale la guerra, gli uomini conoscono la fatica e l’invecchiamento.

Ma dove si tiene questa battaglia? Già dai tempi del grande poeta greco Pindaro (VI secolo a.C.) è nella piana che circonda Cuma in Campania (Opicia) che bisogna cercare le tracce dell’epica battaglia fra Titani e Dei, infatti per il grande poeta i tanti crateri che scandiscono il territorio dei Campi Flegrei non sono altri che i segni lasciati dalle saette scagliate da Zeus durante la battaglia e pure le rocce scure che si trovano in questi luoghi ricordano gli incendi provocati dalla battaglia e prova ancora più eloquente è l’abbondanza di terremoti, fumarole e sorgenti calde che tradiscono il destino dei Titani i quali furono imprigionati sottoterra dagli Dei dopo la sconfitta degli dei più antichi. Secondo i greci i terremoti dell’area flegrea erano causati proprio dai Titani irrequieti che certo non dovevano amare la prigione infernale del Tartaro dove erano stati relegati e ogni movimento di questi giganteschi reclusi avrebbe provocato terremoti ed eruzioni. Anche autori antichi come Timeo e Polibio riportano questa tradizione: a loro dire ogni collina vulcanica ed ogni cratere flegreo altro non è che una prigione per questo o per quel titano. Pare che dopo la battaglia la madre dei Titani Gea (la terra) addolorata per la sorte dei figli abbia partorito il più grande dei Titani, ovvero Tifone, un mostro tanto alto da poter camminare al largo sul fondo del mare senza bagnarsi il petto e che doveva fare attenzione a non urtare le stelle con una delle sue tante teste da rettile, il corpo del titano era formato da un busto da cui partivono infiniti serpenti e pure le gambe e i piedi erano composti da gigantesche bisce. Tifone avrebbe dovuto vendicare i Titani e dopo aver sconfitto in in un primo tempo le forze dell’Olimpo avrebbe poi perso un duello contro Zeus il quale avrebbe imprigionato il possente mostro sotto una gigantesca pietra che gli avrebbe scagliato addosso mentre il titano si trovava in mare aperto. Qui la storia presenta due versioni: per alcuni greci il masso scagliato da Zeus è la Sicilia, per altri l’isola di Ischia ma quel che è certo è che per i greci è che il fuoco che alimenta l’Etna o le fumarole di Ischia è sicuramente colpa di qualche titano. Pindaro, poeta al servizio dei tiranni di Siracusa, troverà il modo per non scontentare né i greci di Cuma né quelli di Sicilia sostenendo che il titano Tifone era così grande che poteva tranquillamente essere ricoperto dall’italia meridionale tutta avendo la testa sotto la Sicilia e i piedi sotto il Monte Epomeo. In epoca successiva la poesia latina continuerà a collocare Tifone sotto il monte Epomeo e tanti poeti rinascimentali, da Vittoria Colonna a Pontano racconteranno del dolore del titano costretto ad essere schiacciato dal peso dell’isola verde. Oggi ad Ischia vi sono molte località chiamate con nomi di parti anatomiche come Panza, Testaccio, Piadimonte ecc..e fin dal Medioevo una leggenda locale sostiene che è il gigante sotterrato sotto l’isola ad aver dato la forma del proprio corpo ad Ischia proprio quando l’enorme masso gli fu scagliato addosso. Conosciamo bene Tifone e gli altri Titani, le opere d’arte antiche che li raffigurano non sono poche e spesso tali creature sono rappresentate come mostri anguipedi, ovvero come giganti antropomorfi con gambe e piedi a forma di serpenti. Vi sono pitture su vasi che ritraggono tali mostri fin dall’epoca arcaica e in epoca allenistica e romana tali creature compaiono un po’ ovunque ma in particolare fra i rilievi dei templi nelle zone sismiche di mezzo mediterraneo, come a Pergamo o Alicarnasso in Anatolia, e poi fra le decorazioni in mosaico dei pavimenti delle Terme dove i Titani ricordano il loro legame con l’acqua e la rilassante età dell’oro. Uno straordinario documento della guerra fra i Titani e gli Dei (Titanomachia) nei Campi Flegrei si trova (forse) nel Rione Terra di Pozzuoli. Scavando il profondissimo pozzo che si trova sotto l’attuale cattedrale gli archeologi negli anni ’90 trovarono le decorazioni del più antico tempio romano che si trova addirittura sotto il tempio romano di età imperiale in marmo che oggi è parte integrante della cattedrale. Il tempio più antico risale al II secolo a.C. ed è chiamato Capitolium e i frammenti delle decorazioni del relativo frontone fin’orarinvenuto (terracotta architettoniche a rilievo) sono probabilmente parte di una grande scena di Titanomachia dove si potevano vedere i Titani e gli Dei in lotta per il possesso dei Campi Flegrei. Dico probabilmente perché i frammenti in nostro possesso non possono suffragare del tutto questa ipotesi eppure è risaputo che il profondissimo pozzo sotto la Cattedrale riempito dagli stessi romani con gli scarti della demolizione del Capitolium non è stato ancora scavato del tutto: magari un giorno avremo la conferma che ben prima dei film di azione americani più di 2000 anni fa nei Campi Flegrei già si raccontavano epiche battaglie fra Dei e Mostri che erano parte del patrimonio storico e culturale degli abitanti della Terra Ardente.

In alto: rilievo marmoreo di età ellenistica proveniente da Alicarnasso, si vedono bene due mostri anguipedi associati ai Titani mentre combattono contro la dea Atena, Museo archeologico di Istanbul.Foto in basso: ricostruzione della decorazione fittile del frontone del Capitolium di Pozzuoli, è probabile che la figura in alto sia un titano collegato al mito della titanomachia nei Campi Flegrei, percorso archeologico del Rione Terra.
Ricostruzione moderna di Tifone

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