Sanità: Le liste di attesa e i soldi che finiscono al nord, storie di ammalti di serie B

«Pronto, devo prenotare una Tac», quando finalmente hai preso la linea al Cup, quando finalmente sei lì pronto a sperare che i soldi che hai versato allo Stato ti tornino in servizi, ecco la risposta: «Posso metterla in lista fra 11 mesi. Ed è fortunato». Allora se hai soldi paghi. Se non ne hai aspetti, sperando che il tuo medico abbia fatto una cattiva diagnosi. Accade al sud, più che al nord. In Campania, anche quando ti rivolgi alle strutture in convenzione (quindi pagando solo il ticket, se lo devi) devi cercare di collocarti nella prima settimana del mese, perché già dal 10 è tutto esaurito. Nei Campi Flegrei funziona così, come in ogni luogo della Campania e, purtroppo, del sud. Ma andiamo per ordine, perché accade tutto ciò? Tra il 2009 e il 2019 a causa delle politiche di consolidamento fiscale in Europa si decide nei luoghi dove l’indicatore recessione era ormai consolidato si decise di ridurre la spesa sanitaria pro capite. E infatti, i dati Svimez, in questi giorni resi noti, registrano che l’Italia è l’unica tra le economie europee che tra il 2010 e il 2019 presenta una diminuzione di risorse pubbliche allocate alla salute (2%).

In parole semplici, in sanità non si investe, per tenere controllata la spesa e questo non riguarda solo le strutture pubbliche, ma anche quelle in convenzione. Col covid il mondo cambia, ma i disagi restano. Lo raccontano le storie di tutti i giorni di chi vive sperando in un esame, in una cura, in una infinita lista di attesa. E non solo, il sud è la parte del nostro paese (secondo i dati Svimez fatti insieme a Save the children) che più di tutte risente di questi disagi. Se nasci in Campania hai meno possibilità di curarti che se nasci in Lombardia. E’ un fatto, non una diceria.

Secondo il rapporto Svimez in Campania per le patologie gravi (molto spesso oncologiche) il 26, 9 per cento emigra al nord per curarsi. Quando dunque si arriva al saldo nella conferenza Stato – Regioni la Campania (come la Calabria, la Basilicata, la Sicilia, la Sardegna) è in perdita: paga per far curare i propri malati. Ma è proprio vero che non abbiamo eccellenze anche qui? Viene da chiederselo. Oppure i vincoli sulla spesa sono come un cane che si morde la coda, mentre se da un lato si tenta di contenere la spesa (liste di attesa, vincoli sulle diagnosi) dall’altra parte il conto diventa più salato perché poi chi si cura e non lo fa privatamente, si presenta al nord e comunque è la nostra regione a pagare i conti al Settentrione?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *